Clara Rojas: un esempio di Girl Power

Clara Rojas, è stata sequestrata dalle FARC insieme ad Ingrid Betancourt. Di quest’ultima era strettissima collaboratrice, tanto da essere indicata più volte come la sua sua possibile vice alla presidenza colombiana.

Quando è stata liberata per scelta delle FARC nel gennaio 2008, Clara Rojas è stata per qualche giorno al centro delle attenzioni dei media. Una storia ghiotta quella di Clara Rojas, una donna di 46 anni che partorisce durante la prigionia, nella selva, il figlio di un guerrigliero.

Si disse che il bambino era frutto di uno stupro, che il padre-stupratore era stato ucciso dalle FARC, che il bambino era stato crudelmente strappato alla madre, forse ucciso, forse sotto falso nome rinchiuso in un orfanatrofio.

Il bambino, in realtà, era stato affidato alle cure di una famiglia di contadini che vivevano nel territorio controllato dalle Farc (sotratto così agli attacchi di paramilitari ed esercito…) e da qualche mese è stato infatti riaffidato alla madre.

Ma se è vivo, il bambino pare lo debba esclusivamente ad Ingrid Betancourt, una donna dalla sensibilità e dall’umanità straordinaria.

Tra le molte esternazioni post-liberazione, l’ex candidata alla Presidenza Colombiana ha infatti dichiarato di aver impedito a Clara Rojas di affogare il bimbo subito dopo il parto.

Ricostruendo la tempistica della prigionia delle due, sembra evidente
che le dichiarazioni della Betancourt siano senza fondamento: quando è
stata liberata nel gennaio di quest’anno, Clara Rojas ha subito
dichiarato di non aver notizie della compagna di prigionia da almeno 3
anni poichè era stata spostata in un altro rifugio a causa della sua gravidanza.

Clara Rojas ha accusato l’ex-compagna di prigionia di aver inventato questa storia dal nulla, di essere scioccata da dichiarazioni tanto false e teatrali.

Ogni commento è superflu.

Per approfondire la vicenda, vi incollo qui sotto un articolo di un famoso think thank internazionale, Girl Power 🙂

[leggi l’articolo ascoltando questo]

Clara Rojas: una madre nel cuore della guerriglia.
Dopo sei anni nelle mani delle Farc, Clara Rojas ha ritrovato la libertà e il suo piccolo Emmanuel, nato dalla relazione con un guerrigliero

Sei anni fa Clara Rojas era una giovane avvocatessa di Bogotà. Con la sua amica Ingrid Betancourt sognavano una Colombia migliore e si erano candidate alle elezioni per la presidenza di questa grande nazione a cavallo delle Ande.
Il 24 febbraio del 2002 è una data cruciale. Le vite di queste due compagne subiscono una brusca frenata. Quel giorno vengono rapite e condotte in una giungla fitta e impervia che per anni sarà l’unico angolo di mondo che avranno la sorte di conoscere.Sono conosciuti in tutto il mondo con il nome di Farc (Forze armate rivoluzionarie della Colombia) e sono guerriglieri comunisti che vivono nascosti nella boscaglia, dove tengono nascosti anche i loro prigionieri. Si fanno chiamare anche Esercito del Popolo. I loro soldati, benché volontari, sono pur sempre uomini.

Uno di loro, un giorno comincia a rivolgere delle attenzioni a una delle prigioniere. Quell’avvocatessa di Bogotà alle soglie dei quarant’anni poteva dargli quello che di sicuro manca in piena giungla. Amore, forse.
O, chissà, solo il bisogno carnale di una donna.

Non si sa quello che successe fra quegli alberi secolari. Solo Clara e lo sconosciuto guerrigliero sanno se fu amore o violenza. Quel che è certo è che diedero un appuntamento alla cicogna, che nove mesi dopo arrivò puntuale.
In mezzo alla giungla Clara portò a termine una gravidanza non proprio facile. A quarant’anni e in un luogo dal sapore ancestrale, ma ben diverso dall’idea di ambiente sterile che si immagina per una sala parto.
Ad assisterla, un giovane studente di medicina, che prima della tesi di laurea aveva praticato un cesareo fra le foglie degli alberi.

Il figlio della guerriglia era un maschietto, dal nome evocativo: Emmanuel. Ma un bambino così piccolo non può nascere già da ostaggio. E soprattutto non può vivere di stenti nei suoi primi mesi di vita.
Forse perché la sua era una presenza ingombrante. O magari suo padre ebbe un impeto di tenerezza e capì che in quelle condizioni era destinato a morire.
Emmanuel fu strappato alla madre, ma anche alla morte. Un gruppo di guerriglieri, non si sa se tra di loro ci fosse anche suo padre, lo affidò alle mani di un uomo semplice.

Nel 2005, Josè Gomez, aveva poco più di trent’anni ed era già padre di sette bambini. Si ritrovò fra le braccia un altro neonato, ammalato e malnutrito. L’idea migliore che gli venne in mente per salvare quella creatura fu quella di affidare il piccolo Emmanuel alle cure di un ospedale affermando di essere suo zio, oppure suo padre, ma che differenza fa?
Il bimbo, per questo, si era anche magicamente trasformato in Juan David Gomez Tapiero, nome con cui l’ospedale l’aveva consegnato in seguito all’orfanotrofio Icbf di Bogotà.
Finché, all’improvviso, Josè Gomez non sente di nuovo battere alla porta il pugno forte dei soldati delle Farc, che reclamavano il figlio della guerriglia. Prova a recuperarlo, dichiarandosi prima lo zio e poi il padre del bimbo. Ma l’assistenza sociale di Bogotà non è convinta da questa storia e allerta la polizia.
Provvidenziale l’intervento delle forze dell’ordine che dai racconti di Gomez ricostruiscono la strana storia del bimbo venuto dalla giungla.

Agli albori del 2008, il piccolo Emmanuel ha due anni e continua a vivere nell’orfanotrofio che lo ha accolto. Ma l’anno nuovo porta per lui una grande sorpresa: una mamma.
I prodigi della scienza moderna avevano già stabilito che Clara era la sua vera madre, ma quell’abbraccio e quel “mamma” pronunciato da Emmanuel sono la prova certa di questo legame indissolubile.
Lontano dalla giungla che ha sentito quel suo primo vagito, Emmanuel ha riconosciuto la donna che lo ha dato alla luce. Una donna che, dopo sei anni di prigionia nelle mani dei guerriglieri, ha rivisto prima la libertà e poi quel figlio che pensava fosse morto.
Che troppo presto era stato strappato dal suo caldo abbraccio.

Ancora qualche mese e quel bimbo le sarà restituito definitivamente e potrà crescere con la sua mamma. La storia di una donna cui il destino ha riservato un lieto fine.
Ma Clara pensa che questa fine sarà davvero lieta solo quando la giungla le restituirà anche l’amica e compagna di lotta, Ingrid Betancourt.

 

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